NOTA DI COMMENTO
di
Carmine Cotini

1. Organizzato dall’Associazione Canonistica Italiana, si è svolto dal 9 al 12 settembre di quest’anno a Trani il XXXIV Congresso Nazionale di Diritto canonico, che ha avuto ad oggetto un fondamentale aspetto del diritto processuale canonico applicato alle cause di nullità matrimoniale trattate nei tribunali ecclesiastici.
In tale prospettiva, i relativi lavori si sono concentrati su una speculare verifica circa la concreta opportunità – ai tempi odierni – dell’obbligatorio riesame da parte del tribunale d’appello della sentenza affermativa della nullità del vincolo emessa per la prima volta da un tribunale in prima istanza, al fine di riceverne eventuale conferma e conseguente definitività di giudicato, quale inderogabile presupposto giuridico per le Parti di addivenire a nuove nozze con rito religioso (canoni 1682 e 1684 del vigente Codice di diritto canonico).

2. Tale duplice passaggio processuale, che in gergo giuridico-canonistico è comunemente identificato con la terminologia di doppia (sentenza) conforme, rinviene la sua radice storica nell’anno 1741 ad iniziativa del pontefice Benedetto XIV, che ne fece oggetto di specifica attenzione legislativa nell’ambito di una più ampia azione di riforma rivolta alla trattazione delle cause di nullità del matrimonio; e ciò in dipendenza della acclarata constatazione circa l’estrema facilità con cui tribunali e giudici, spesso impreparati e molto spesso animati da eccessiva benevolenza, elargivano pronunce di nullità in processi frettolosi ed approssimativi, anche reiteratamente a favore della stessa persona.
Per contrastare tale anomala situazione, veniva così introdotta nel processo matrimoniale la figura pubblica del Matrimoniorum Defensor (‘Difensore
dei matrimoni’), che partecipasse alle fasi del processo vigilando sulla sua regolarità, investito dell’ulteriore funzione di proporre obbligatoriamente appello avverso qualsiasi sentenza dichiarativa della nullità del vincolo coniugale, affinché il riesame ad opera di un tribunale diverso e di istanza superiore potesse assicurare maggiori garanzie di un corretto giudicato: sia aderendo all’appello che taluno dei coniugi avesse a propria iniziativa già proposto; sia – in mancanza – assumendo egli stesso in prima persona tale iniziativa.
L’innovazione introdotta da Benedetto XIV assunse poi nel tempo connotazioni sempre più distinte, con le quali la Santa Sede non solo confermò la figura del Matrimoniorum Defensor,ma ne precisò progressivamente prerogative ed attribuzioni nell’ambito del processo matrimoniale, tra le quali veniva primariamente confermato l’impulso di attivare la fase di appello secondo le anzidette modalità. In tempi più recenti, con la promulgazione del Codice di diritto canonico dell’anno 1917, assunse la denominazione – ancor oggi attuale – di Defensor vinculi (Difensore del vincolo).

3. Nel 1971, in tempi socialmente e culturalmente ben diversi da quelli di Benedetto XIV, il pontefice Paolo VI ritenne più consono semplificare nei processi matrimoniali la procedura della dichiarazione di nullità, anche atteso il particolare periodo storico in Italia che aveva appena un anno prima introdotto l’istituto del divorzio. Pertanto, pur mantenendo fermo il principio della revisione obbligatoria della sentenza che avesse dichiarato la nullità del matrimonio, statuì (con il motu proprio “Causas Matrimoniales”) che il riesame non avvenisse ulteriormente con rito ordinario per il tramite di un vero e proprio processo, bensì con un procedimento più rapido ed elastico, da concludersi – nell’ipotesi di conferma della precedente sentenza – con un più semplice <decreto> giudiziario di ratifica, di carattere decisorio e definitivo. Viceversa, il tribunale d’appello avrebbe continuato a rinviare a rito ordinario solo quelle cause per le quali avesse ritenuto necessario procedere ad una valutazione più approfondita della decisione adottata dai giudici del tribunale inferiore. Il successivo e vigente Codice di diritto canonico – promulgato nel 1983 dall’attuale pontefice Giovanni Paolo II – pur confermando sostanzialmente la rinnovata disciplina introdotta da Paolo VI, ha tuttavia esonerato dall’obbligatorietà dell’appello il Difensore del vincolo, relegando tale iniziativa processuale nella sua mera discrezionalità e disponendo più semplicemente – nell’ottica di un’azione di controllo che non si intese superare – la trasmissione d’ufficio al tribunale superiore delle cause concluse in primo grado di giudizio con pronuncia affermativa della nullità del matrimonio.

4. Orbene, a distanza di quasi un ventennio dalla promulgazione dell’attuale Codice, espressione altresì dei nuovi orizzonti aperti dal Concilio Vaticano II, ci si chiede – e, credo, legittimamente – se rivesta ancora plausibile significato la regola della «doppia conforme» nel processo matrimoniale canonico e, in particolare, se possa considerarsi ancora imperante quella logica sottostante che circa due secoli e mezzo or sono la ispirò.
Peraltro, la crisi dell’istituzione familiare, che incontrovertibilmente contraddistingue l’attuale contesto storico-sociale, postula più che mai – ove possibile – l’adozione di rimedi che favoriscano celermente la risoluzione delle attese dei Fedeli, che sempre più numerosi si rivolgono alla Giustizia della Chiesa per rappresentare esigenze di coscienza meritevoli di sicuro rispetto ed attenta considerazione. Esigenze che, per una molteplicità di motivazioni organizzative dei tribunali, risultano – invece – troppo spesso disattese a motivo dell’eccessiva espansione dei tempi processuali, in palese contraddizione con il precetto contenuto nel can. 1453 del vigente Codice, che pur esorta una Giustizia entro tempi di ragionevole durata.
In tale prospettazione, non sembra oggi anacronistico porre in discussione l’opportunità della conservazione dell’obbligo di una duplicità di giudizi (con conseguente ulteriore dispendio di energie e tempi), che da strati sempre più ampi dell’ambiente canonistico non rinviene più oggettiva condivisione e che – invero – neanche sembra rinvenire analogie in altri Ordinamenti processuali.
Su tali specifici aspetti si sono, dunque, articolati i lavori congressuali, che hanno registrato un approfondito ed interessante dibattito tra Relatori e Congressisti, col quale si sono poste a confronto diverse e – talora – contrapposte opinioni.
Alla presenza del vescovo di Trani – Mons. G. Battista Pichierri – ha aperto quindi la giornata inaugurale l’indirizzo di saluto rivolto da Mons. Domenico Mogavero (presidente dell’Associazione Canonistica Italiana), cui ha fatto seguito la prolusione introduttiva del Card. Mario F. Pompedda (prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica), sul tema Verità e giustizia nella doppia sentenza conforme, con la quale ha offerto una efficace analisi delle motivazioni che appaiono opportunamente propedeutiche ad un’azione di “ripensamento” e rivisitazione degli anzidetti meccanismi procedurali del processo matrimoniale, adeguata all’attuale nuovo contesto ecclesiale.
Le giornate successive sono proseguite con le relazioni di C. Fantappié (Le radici storiche), S. Gherro (Doppia conforme e potestà episcopale), J. Llobell (La doppia conforme e la definitività della sentenza), A. Stankiewicz (La conformità delle sentenze nella giurisprudenza). I lavori sono stati, infine, conclusi da una tavola rotonda sul tema Quale futuro per la doppia sentenza conforme, attraverso gli interventi di P. A. Bonnet, P. Bianchi, R. Coppola e P. Moneta.
C’è da augurarsi – in conclusione – che le innovazioni auspicate possano trovare quanto prima opportuna collocazione in un processo matrimoniale rinnovato e più efficiente, con l’adozione di soluzioni qualitativamente funzionali alle congiunte esigenze della Giustizia e dei Fedeli.

Salerno, 18 settembre 2002