SOMMARIO
Considerazioni introduttive | Il tribunale competente | Svolgimento del processo (ordinario e breve) | L’appello
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Considerazioni introduttive
La funzione giudiziaria – ha ricordato Giovanni Paolo II in occasione di un suo discorso alla Rota Romana – è “parte integrante e qualificata dell’ufficio pastorale della Chiesa”. Come già in altra sezione qui si osserva, sono proprio i processi di nullità del matrimonio canonico che ne costituiscono la parte prevalente, sia a livello locale da parte dei Tribunali ecclesiastici regionali, interdiocesani e diocesani, sia a livello universale da parte del Tribunale della Rota Romana, nei loro rispettivi gradi di giudizio. Tale funzione assume, per altro, un’importanza significativa nella vita spirituale dei fedeli che a tali strutture si rivolgono, poiché segnati da un’infelice esperienza coniugale nella quale avevano pur riposto fondamentali prospettive di vita e, perciò, più che mai bisognosi di chiarire la loro posizione e di poter essere a pieno titolo reinseriti nella comunità ecclesiale.
Come qualsiasi tipo di processo sia in ambito ecclesiastico che statale, anche il processo di nullità del matrimonio canonico ha un obiettivo ben preciso e definito: l’accertamento della verità, per il cui raggiungimento intervengono più soggetti a vario titolo e funzione, attraverso un articolato itinerario processuale, come di seguito si approfondirà.
Inoltre, l’azione diretta ad ottenerne la dichiarazione di nullità non è soggetta (a differenza di quanto avviene in ambito processuale statale in ordine all’impugnazione del matrimonio civile) ad alcun termine di prescrizione o decadenza ed è, perciò, proponibile in qualsiasi tempo, indipendentemente dalla presentazione delle procedure di separazione e divorzio civile e dal loro risultato eventualmente già conseguito.
Tuttavia, va pure considerato che l’inizio di una causa di nullità differito in un tempo particolarmente lontano dalla conclusione di un matrimonio potrebbe comportare poi obiettive difficoltà nella raccolta delle prove necessarie nel relativo processo (ad esempio, testimoni che non posseggano più ricordi chiari delle pregresse vicende coniugali, o che sia difficoltoso contattare se nel frattempo abbiano trasferito la propria residenza, o che non godano più di buona salute, o che siano addirittura deceduti; come ancora per sopravvenuto trasferimento dell’altro coniuge o sopraggiunto suo disinteresse processuale per essere nel frattempo già convolato a nuove nozze solo civili e magari con persona pure divorziata, ecc. ecc.). A parte poi ogni altra considerazione relativa all’aspetto psicologico, collegato in tal caso alla necessità di dover riaprire a distanza di tempo vecchie ferite e ripercorrere vicende non felici, specie allorquando esse si siano concluse in modo particolarmente traumatico.
Qualora conseguita, la sentenza di nullità produce i suoi effetti giuridici sul matrimonio sin dal giorno della celebrazione (o della pseudo-celebrazione), come se lo stesso non fosse proprio stato canonicamente celebrato, ferma restante la permanenza degli eventuali rapporti genitoriali, che rimangono per il diritto della Chiesa (come accade a seguito del divorzio in ambito civile) giuridicamente intatti ed impregiudicati.
Da ciò si deduce che la dichiarazione di nullità del matrimonio non va perciò confusa – come spesso accade – con il c.d. «annullamento»: infatti, la prima riguarda un atto nullo sin dalla sua origine (ex tunc), perché posto in essere in modo irregolare, senza la sussistenza di tutti i requisiti di legge; il secondo, invece, interviene nel caso di un atto per sé valido, ma che viene successivamente rescisso (e, quindi, annullato) per sopraggiunti motivi e produce, perciò, effetti giuridici solo dal momento della rescissione (ex nunc), come – ad esempio – si verifica nel caso del provvedimento di dispensa dal matrimonio rato e non consumato emesso dal Romano Pontefice, oppure del divorzio coniugale pronunciato nell’ordinamento dello Stato.
Il tribunale competente
In genere, una causa di nullità di matrimonio si attiva innanzi al tribunale ecclesiastico regionale o interdiocesano di prima istanza competente per territorio, che va individuato:
- in ragione del luogo ove il matrimonio è stato celebrato;
- in ragione del luogo in cui uno o entrambi i coniugi hanno il domicilio o il quasi-domicilio;
- in ragione del luogo ove si debba raccogliere la maggior parte delle prove.
Svolgimento del processo
Un processo di nullità matrimoniale si svolge – alternativamente – attraverso due differenti modalità: con rito c.d. «ordinario» ovvero con rito c.d. «più breve», la cui scelta è demandata al Vicario giudiziale del tribunale adito.
A) RITO ORDINARIO
Tale rito ha una durata orientativa di 12/18 mesi, ha molte analogie con quello che si svolge in ambito civile e si articola attraverso le seguenti fasi:
- Introduzione della causa – È la fase che dà inizio al processo, tramite la presentazione di un ricorso (c.d. «libello») al competente tribunale ecclesiastico ad iniziativa del coniuge interessato (parte attrice) ad ottenere una verifica della validità o meno del suo intercorso vincolo matrimoniale, generalmente con l’assistenza di un avvocato di propria fiducia, purché scelto tra quelli specificamente in possesso del patrocinio legale presso la giurisdizione ecclesiastica.
Ricevuto il libello, il Vicario giudiziale, se ritiene che esso goda di qualche fondamento, lo ammette, notificandone copia al Difensore del vincolo e – qualora non sia stato presentato in forma congiunta – anche all’altro coniuge (parte convenuta), onde conoscere le loro rispettive posizioni in merito. Ciò preliminarmente assolto, il Vicario giudiziale determina l’ambito di indagine della causa e designa il Collegio giudicante, composto dal preside, il giudice istruttore e il giudice estensore della sentenza finale. - Istruzione della causa – È la fase durante la quale, sotto la direzione e la vigilanza del giudice istruttore, vengono raccolti tutti gli elementi di prova che consentiranno poi al Collegio giudicante di poter emanare la decisione finale sulla domanda di nullità presentata, accogliendola ovvero rigettandola. Tale fase inizia con l’audizione della parte attrice; successivamente della parte convenuta, la quale ha anch’essa facoltà di farsi assistere da un avvocato di sua fiducia, soprattutto se intenda contraddire la domanda attorea; infine, dei testimoni indicati da ciascuna delle due parti. Inoltre, nelle cause per incapacità o impotenza, il giudice di norma è tenuto a designare un perito specialista in materia (psicologo, psichiatra, ginecologo o andrologo, a seconda del caso specifico sottoposto ad indagine giudiziaria), onde riceverne ausilio e collaborazione di tipo scientifico finalizzata alla migliore comprensione delle anomalie su cui si fonda l’asserita nullità del vincolo. Terminata la raccolta di tutti gli elementi di prova, il preside dichiara, con proprio decreto, conclusa la fase istruttoria.
- Fase discussoria – È la fase si svolge per iscritto, entro i termini fissati dal giudice istruttore, tramite la redazione delle memorie degli avvocati e del difensore del vincolo, tra costoro scambiate con possibilità di rispettive repliche, sulla scorta di tutte le risultanze processuali acquisite nella fase precedente (deposizioni, documenti ed eventuali memorie e perizie), ponendo ciascuno in evidenza tutti gli elementi di diritto e di fatto che ritenga più utili nel caso specifico per l’accoglimento delle proprie richieste.
- Fase decisoria – È la fase nella quale il Collegio giudicante si riunisce in giorno ed ora prefissati dal preside per valutare tutto il materiale probatorio raccolto ed emettere, quindi, il parere conclusivo sulla causa, che potrà essere dichiarativo o meno della nullità del matrimonio, che dovrà poi essere congruamente motivato nella stesura della successiva sentenza. Quest’ultima verrà poi notificata alle parti in causa, oltre che al Difensore del vincolo.
B) RITO PIÙ BREVE
Tale rito, che ha una durata orientativa di circa tre mesi, rappresenta una novità di assoluto rilievo ed è stato introdotto con la riforma del processo matrimoniale canonico varata da Papa Francesco con il motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus entrata in vigore in data 8 dicembre 2015. Finalità di tale riforma è stata, appunto, quella di ridurre sensibilmente i tempi processuali allorquando la nullità di un matrimonio appaia sin da subito manifesta, non rendendo perciò necessario procedere ad indagini istruttorie particolarmente approfondite e consentendo, in tal modo, di dare una risposta in tempi molto rapidi ai fedeli che si rivolgono alla giustizia della Chiesa all’esito di un’infelice esperienza coniugale.
Tale rito è presieduto da un giudice unico (e non da un Collegio di tre giudici come nel rito ordinario) sotto la diretta responsabilità del vescovo diocesano e si articola attraverso le seguenti fasi:
- Introduzione della causa – Anch’essa inizia tramite la presentazione di un ricorso (c.d. «libello»), ma necessariamente in modo congiunto (o consensuale) dai coniugi, ovvero da uno solo di essi ma senza l’opposizione dell’altro. Tale ricorso deve essere sin da subito corredato da tutta la documentazione utile al caso, nonché dall’indicazione dei testi debitamente informati sulle circostanze esposte nel libello.
A tal punto il Vicario giudiziale, valutata la sussistenza dei requisiti previsti (ossia la forma congiunta del ricorso unitamente alla sua particolare fondatezza, anche alla luce della eventuale documentazione di accompagnamento), determina l’ambito di indagine della causa e designa un istruttore coadiuvato da un assessore, stabilendo contestualmente in tempi molto brevi la sessione a cui devono partecipare tutti i soggetti interessati. - Istruzione della causa – In tale fase, da esaurirsi entro pochissimi giorni, l’istruttore designato ascolterà prima i coniugi, poi i testi e, valutato il complessivo materiale probatorio, fisserà infine un breve termine per la presentazione delle difese scritte.
- Fase decisoria – All’esito della fase precedente, l’istruttore trasmetterà tutto il materiale di causa raccolto al Vescovo diocesano per la sua decisione, che sarà affermativa della nullità del matrimonio se ne avrà raggiunto la certezza morale; altrimenti rimetterà la causa al rito ordinario.
L’appello
È facoltà di ciascuna delle parti private appellare la sentenza di prima istanza presso il tribunale superiore al fine di ottenere una revisione del giudizio, qualora taluna di esse si ritenga gravata da una decisione ingiusta: la parte attrice nei confronti di una sentenza che non abbia accolto la sua domanda di nullità, ovvero la parte convenuta nei confronti di una sentenza affermativa della nullità, qualora abbia contrastato la domanda attorea. Pari facoltà di impugnazione è riservata al Difensore del vincolo nei confronti di una sentenza dichiarativa della nullità del matrimonio, che egli ritenga non oggettivamente fondata su elementi certi ed inconfutabili.
Trattasi di un mezzo di impugnazione ordinario a carattere devolutivo e di generale utilizzazione, comune anche agli ordinamenti statali, non subordinato ad alcun vizio specifico della sentenza impugnata.
Esso si interpone innanzi allo stesso tribunale che ha emesso la sentenza entro il termine di 15 giorni dalla notizia della sua pubblicazione e si prosegue entro i successivi 30 giorni innanzi al competente tribunale ecclesiastico di appello ovvero anche direttamente innanzi alla Rota Romana, la quale, in tal caso, giudicherà quale tribunale di seconda istanza. Entro tale successivo termine l’appellante dovrà indicare per iscritto le ragioni di fatto e di diritto su cui l’appello si fonda.
Con il ricorso in appello, le parti private (attrice e convenuta) possono introdurre anche uno o più nuovi motivi di nullità non trattati in prima istanza, tra quelli tassativamente contemplati dal diritto canonico.
Alla scadenza del primo termine di 15 giorni senza che sia stato interposto appello alla sentenza affermativa della nullità del matrimonio, essa consegue quindi esecutorietà canonica, quale passaggio propedeutico al successivo ed eventuale conseguimento anche degli effetti civili nell’Ordinamento statale tramite la speciale procedura di delibazione da instaurare presso la competente Corte di appello ad istanza di taluno ovvero di entrambi gli ex coniugi.
All’esito vittorioso di tale procedura, ciascuno di essi potrà accedere – se e quando vorrà – a nuove nozze canoniche.